Uno sguardo d’autore
La funzione dello spazio
Machiavelli descrive le sue occupazioni serali durante il suo esilio all’Albergaccio: prima compare lo spazio dell’osteria in cui l’autore ha modo di “ingaglioffirsi” in compagnia di persone semplici e rozze, poi quello del suo “scrittoio”. Qui egli dismette i vestiti del giorno, metaforicamente sporchi di fango, e indossa “panni reali e curiali”, con i quali entra “nelle antique corti delli antiqui huomini” attraverso la lettura delle opere degli storiografi del passato.
Mappa
Niccolò Machiavelli, Lettera a Francesco Vettori (Lettere, 11, 16-19)
Transferiscomi poi in sulla strada, nell’hosteria; parlo con quelli che passono, dimando delle nuove de’ paesi loro; intendo varie
cose, e noto varii gusti e diverse fantasie d’huomini. Viene in questo mentre l’hora del desinare, dove con la mia brigata mi mangio di quelli cibi che questa povera villa e paululo patrimonio comporta. Mangiato che ho, ritorno nell’hosteria: quivi è l’hoste, per l’ordinario, un beccaio, un mugnaio, dua fornaciai. Con questi io m’ingaglioffo per tutto dí giuocando a cricca, a trich-trach, e poi dove nascono mille contese e infiniti dispetti di parole iniuriose; e il più delle volte si combatte un quattrino, e siamo sentiti non di manco gridare da San Casciano. Cosí, rinvolto in tra questi pidocchi, traggo el cervello di muffa, e sfogo questa malignità di questa mia sorta, sendo contento mi calpesti per questa via, per vedere se la se ne vergognassi.
Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro
e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.
Elaborati grafici di Margherita Giaj Arcota
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