
“Luoghi della felicità”…. Esistono davvero? Tanto in uno spazio aperto (come un giardino pubblico o una piazza), quanto in un luogo chiuso (un cinema, una palestra, una scuola), troviamo persone felici, altre preoccupate, alcune contente, altre ancora arrabbiate, e così via. Può dunque la felicità dipendere dal luogo? In fondo, le nostre esperienze, i nostri gusti e stili di vita non si assomigliano: alcuni preferiscono i grandi parchi naturali, altri le aree attrezzate, altri ancora vorrebbero locali per il ritrovo, centri sportivi, infrastrutture. Anche come individui ci capita di vivere momenti di felicità e di infelicità in uno stesso posto, che sia lo spazio privato della nostra casa o un luogo che frequentiamo continuamente, come la scuola.
Spingendo la riflessione all’estremo, potremmo affermare che la felicità non dipende da alcun luogo: non viveva forse Diogene in una botte? Ed esistono tradizioni spirituali, come il buddismo, per cui non è la ricerca della felicità, come stato positivo, l’obiettivo della nostra vita, ma la liberazione dalle illusioni, dalle passioni, dai vizi e dai desideri. Eppure anche Diogene, nella sua botte, stava meglio quando su di essa cadeva un raggio di sole; e se la capacità di godere di ciò che abbiamo è una grande saggezza, almeno nella nostra cultura occidentale non riusciamo a prescindere dal ricercare luoghi nei quali riusciamo a stare bene, o per lo meno meglio che in altri.
Così, porre l’accento sulla relazione tra “luoghi” e “felicità” attiva una serie di riflessioni: innanzitutto su cosa significhi essere felici, o stare bene, e in secondo luogo su come raggiungere questa condizione. Ci rendiamo conto, allora, che intorno al binomio luoghi-felicità si articolano competenze e responsabilità diverse. Se filosofi, letterati, psicoanalisti, sociologi, artisti si interrogano su cosa sia la felicità, all’architettura e all’ingegneria viene chiesta una riflessione analoga ma anche la progettazione di spazi e luoghi idonei alle esigenze degli individui e delle comunità che si modificano nel tempo. Dal canto suo l’amministrazione pubblica deve regolare e armonizzare tanto le istanze individuali quanto quelle collettive, porre regole, trovare finanziamenti – quindi stabilire priorità – effettuare interventi di tutela e di controllo.
Questo progetto ha provato a far dialogare tra loro alcuni di questi saperi, discipline e pratiche, secondo un approccio metodologico che ci ha spinto ad alzare gli occhi con curiosità, per scoprire il patrimonio che ci circonda.
Ci siamo concentrati sulla città in cui si trova la scuola che frequentiamo, il Liceo scientifico “Maria Curie”, a Pinerolo. Non è il luogo dove tutti noi viviamo, ma è senz’altro un posto nel quale veniamo spesso, non solo per studiare, e che dunque conosciamo bene.
I luoghi di aggregazione

Cosa conferisce a un luogo la sua identità? Questa domanda, posta a introduzione del percorso dedicato ai luoghi di aggregazione, rimanda a una più generale che abbiamo già posto all’inizio: un determinato luogo è felice in sé, o perché noi lo viviamo così?
La filosofia è un terreno di gioco fecondissimo sul problema dell’identità, perché ci offre un ventaglio di risposte e ci allena a pensare in modo flessibile. È possibile attribuire a “qualcosa” o a “qualcuno” caratteristiche univoche, chiare, precise, oppure le “cose” sono così come a ciascuno appaiono, senza possibilità di arrivare a una loro definizione universale?
Intorno a questo interrogativo si sono confrontate alcune grandi correnti di pensiero ancora attuali: prima di tutto ci furono, e ci sono, coloro che ritengono che esista davvero qualcosa di stabile e oggettivo. Potrebbe trattarsi, come pensava Platone, di valori o «idee»: egli pensava soprattutto alla Giustizia, e poi ad enti matematici come i numeri – da questo spunto è nato il «platonismo matematico» di importanti studiosi (ad esempio: Cantor, Frege, Gödel e Hardy); altri filosofi identificavano la verità con Dio (S. Agostino) e per certi versi anche con nostra coscienza (perché anche se dubitiamo di tutto, non possiamo certo dubitare che stiamo dubitando)!
Se ragionassimo come Platone, dovremmo allora riconoscere che in ogni luogo, quindi anche nelle piazze, nei parchi, negli edifici, è intrinseca una determinata forma o una commistione di più forme che li rende più o meno belli e adatti alla loro funzione: quadrata, rettangolare o ellittica, cubica e così via. Anche le proporzioni tra edifici e tra le loro parti sarebbero importanti e altrettanto oggettive. S. Agostino ci parlerebbe invece di un luogo interiore, quello appunto della nostra anima, nella quale ritroviamo Dio: «nell’interno dell’uomo abita la verità».
Altre importanti correnti di pensiero, come il relativismo, sostengono, al contrario della prima, che nulla è definibile in modo univoco: le cose sono come a ciascuno appaiono, che si tratti di individui o di comunità. Protagora e Gorgia, alcuni «sofisti» che hanno dato avvio a questa corrente, ma anche intellettuali come Montaigne, ci invitano quindi a relativizzare il nostro punto di vista, a non formulare giudizi categorici o assoluti. Significa appunto riconoscere che il rapporto luoghi-felicità è mutevole e cangiante tanto quanto lo sono gli utenti di quei luoghi, i loro gusti, stati d’animo, ma anche il trascorrere del tempo che modifica le società e i valori. Conferme dell’importanza di mantenere uno sguardo plurale, duttile e diversificato sono emerse, per esempio, dal sondaggio sul rapporto tra noi studenti e la scuola che frequentiamo, il Liceo Maria Curie.
Questi modi di ragionare non esauriscono affatto le possibilità di riflettere sul rapporto tra luoghi e felicità! C’è chi, per esempio, potrebbe perfino rifiutarsi di rispondere alla domanda “cosa rende un luogo felice?” ritenendola «indecidibile» (pensiamo alla corrente dello scetticismo). Altri si affiderebbero al senso comune (Moore) e altri ancora penserebbero che la domanda rappresenta un falso problema, creato da un uso improprio del linguaggio (Wittgenstein). Su posizioni ancora diverse un approccio di tipo ermeneutico cercherebbe di cogliere nel «circolo» che lega chi si interroga sul rapporto tra luoghi e la felicità (in questo caso, noi stessi) e l’orizzonte di senso da cui tale interrogare scaturisce (la nostra epoca, le nostre pre-comprensioni) un filo rosso per abbozzare una risposta che non sarà mai esaustiva, perché l’essenziale coinvolgimento dell’interprete in ciò che interpreta, l’essere immerso in un contesto storico e semantico, implicano che ogni sforzo di comprensione non possa mai risolversi in totale autotrasparenza.
Il percorso che comprende ben sette luoghi di aggregazione è talmente vario, ricco e poliedrico che ci è sembrato opportuno non proporre una chiave di lettura univoca; ci sembra più adeguato invitare a una lettura eclettica nella quale coesistono punti di vista ed esperienze diverse. Tali sono anche, come vedrete, le esperienze letterarie associate ai diversi luoghi.
Le piazze: luoghi di idee e socializzazione
Nel corso del tempo, le piazze hanno assolto – e continuano ad avere – diverse funzioni fondamentali per la vita urbana e sociale. Ne possiamo individuare almeno tre: una delle più importanti è quella commerciale (negozi, mercati, fiere), poi c’è quella politica (comizi, banchetti per la raccolta firme etc.) e, last but not least, quella aggregativa (spazi di ritrovo e di gioco).
Quest’ultima riguarda il ruolo delle piazze come spazi di svago, incontro e socializzazione. Sono luoghi dove le persone si ritrovano per divertirsi, partecipare ad eventi culturali (concerti, spettacoli, esibizioni), passeggiare, chiacchierare o semplicemente rilassarsi. In molte città metropolitane le piazze, specialmente quelle riguadagnate all’uso pedonale, si animano di persone che vi si rilassano, si incontrano nei locali, guardano le vetrine circostanti, o siedono sulle panchine chiacchierando. In questo senso, la piazza diventa un ambiente accogliente e inclusivo, capace di favorire momenti di benessere e anche l’identificazione con la propria città.
La funzione commerciale, dal canto suo, è legata alle attività economiche che si svolgono nella piazza: questo spazio diventa allora un punto imprescindibile per la vivacità economica della città. Non solo i negozi che si affacciano sulla piazza, magari sotto portici o ripari naturali, ma anche i mercati, o le fiere, mettono a contatto le realtà del territorio con gli abitanti. Oltre ad assolvere questo ruolo, intorno alla piazza come luogo commerciale si moltiplicano le occasioni di incontro e di svago, si godono occasioni di impiegare il tempo libero, per esempio osservando le vetrine alla ricerca delle ultime novità, o incontrando gli amici per un aperitivo.
Non bisogna poi dimenticare la funzione politica delle piazze. In questo senso, da luoghi simbolo di oppressione quale esse erano un tempo (si pensi alle esecuzioni in pubblico), sono assurte a simboli di libertà e partecipazione. Piazza Tiananmen è un esempio del ruolo delle piazze nella rivendicazione di diritti e riforme. Nel 1989, studenti e cittadini cinesi vi si riunirono per chiedere maggiore democrazia, dimostrando che la partecipazione collettiva può essere un mezzo per raggiungere la giustizia sociale. Nonostante la dura repressione, la piazza resta un simbolo dell’impegno civico e della lotta per un futuro migliore, mostrando come questo obiettivo possa essere raggiunto attraverso l’espressione collettive delle istanze di cambiamento.
Le piazze, dunque, non sono semplicemente spazi aperti, ma luoghi architettonici di fondamentale importanza nella vita di una comunità organizzata, e vanno progettate adeguatamente. Esse fungono da catalizzatori per il benessere delle persone, per il perseguimento dei loro interessi, nonché per l’espressione delle loro idee e per la socializzazione. Favoriscono il senso di appartenenza alla città, permettono alle persone di esprimersi e di sentirsi parte di una comunità. In un’epoca in cui la vita si svolge sempre più online, riscoprire il valore delle piazze potrebbe aiutarci a ritrovare quel senso di vicinanza e condivisione che è alla base dello stare assieme e della collettività.Per questo abbiamo deciso di guidarvi in questo itinerario alla scoperta delle piazze di Pinerolo, che per noi spesso rappresentano luoghi dove ci sentiamo a nostro agio incontrando i nostri amici, chiacchierando su una panchina oppure semplicemente passeggiando spensieratamente. In particolare porremo l’attenzione sull’aspetto aggregativo di piazza Facta e Garibaldi e su quello commerciale di piazza Roma. Proporremo inoltre alcune modifiche alle nostre piazze, al fine di renderle sempre più rispondenti alle esigenze dei cittadini pinerolesi. Speriamo quindi che le nostre piazze possano avere lo stesso effetto anche su di voi!
I giardini: luoghi “privati” e di socialità
Una giornata di sole, l’aria fresca mescolata al profumo dell’erba, il suono dei passi sui vialetti, le risate dei bambini che giocano, il respiro profondo di chi corre per scaricare lo stress, la tranquillità di chi siede all’ombra sulle panchine: negli spazi verdi, la natura diventa complice del nostro benessere e la città sembra rallentare, restituendoci il tempo per vivere.
Perciò i giardini pubblici non devono essere visti semplicemente come luoghi dove praticare sport e svago, ma come l’espressione di una società che sceglie di tutelare il ritmo lento quale antidoto alla frenesia, come invito a vivere il presente con consapevolezza, uno sforzo per conservare il legame tra uomo e ambiente. Grazie ad essi la città si dimostra attenta a una dimensione fondamentale per il benessere individuale e collettivo: infrastrutture, certo, centri commerciali e abitazioni a misura d’uomo, ma anche aree verdi, polmoni naturali, luoghi aperti che fungano da ritrovo – per la meditazione, per il riposo, per lo sport. Ecco perché dobbiamo proteggere e valorizzare questi spazi.
D’altronde nella letteratura e nella filosofia troviamo cospicui riferimenti che contrappongono la città alla natura, vista come condizione di una vita sana per il corpo e per la mente. Secondo Jean-Jacques Rousseau in essa l’uomo ritrova le sue radici più autentiche, dalle quali la civiltà lo avrebbe allontanato. Lo stato di natura, dimensione quasi mitologica, evoca allora un ritorno alla semplicità e spontaneità, il ricordo nostalgico di una condizione di felicità perduta e di uguaglianza tradita. Come giudicherebbe Rousseau i giardini delle nostre città? Forse gli sembrerebbero spazi addomesticati ad arte, quindi paradossalmente snaturalizzati? Oppure li considererebbe come una sorta di tenue ricordo di un mondo che non c’è più? Questi interrogativi fanno emergere l’importanza di progettare giardini pubblici e spazi aperti in modo tale che siano fruibili e si integrino in modo funzionale e armonico nel contesto urbano, valorizzandolo.
In questo senso, sottrarre le aree verdi al degrado è un’altra sfida di fondamentale importanza. Rivendichiamo l’idea che i giardini debbano essere spazi per tutti, fruibili da bambini, adolescenti, adulti, anziani. È una prospettiva diversa da quella di Epicuro, per il quale il «giardino» era un luogo interno alla villa da lui comprata, tra Atene e il Pireo, in cui si riuniva insieme ai suoi seguaci, dando vita ad una comunità che si teneva in disparte dalle agitazioni della città e della politica, fonti di turbamento. Per noi oggi questa visione può corrispondere al massimo al nostro giardino privato, ma sentiamo anche l’esigenza di spazi pubblici nel senso proprio del termine, ossia come beni di tutti – anche perché non tutti possono permettersi un «giardino» (appellativo che divenne il nome della scuola di Epicuro)!
Seguendo questa logica, abbiamo individuato alcuni giardini, parchi, e spazi aperti di particolare significato non solo per noi giovani, ma per tutta Pinerolo. Sono luoghi piuttosto diversi tra loro quanto a posizione, utilizzo, significato; ma proprio per questo esprimono bene i molteplici volti della città e ne diventano una cifra caratteristica.
Essi permettono di ospitare feste, manifestazioni, eventi enograstronomici (Terrazze Acaja), regalano panorami magnifici dalle Alpi alla pianura (Basilica di San Maurizio), custodiscono piante e fiori (Villa Prever). Infine, con i monumenti che ospitano, ci riportano alle origini della nostra libertà e della pace di cui, da ormai quasi un secolo, abbiamo potuto godere anche noi nel nostro piccolo (Monumento ai Caduti). Con questo collegamento ideale tra passato e presente si chiude l’itinerario.